ANNO 14 n° 120
Peperino & Co.
Piazza della Morte
epicentro della movida
malgrado il nome
>>>>> di Andrea Bentivegna <<<<<<
15/08/2015 - 00:00

di Andrea Bentivegna

VITERBO - Si tratta di una scena tipica per i viterbesi fuori sede quando, dopo qualche tempo, arriva a trovarli in città un amico dell’università curioso di scoprire la città dei Papi. Girovagando per il centro, verso sera, il ragazzo puntualmente domanda quale sia l’epicentro della movida notturna locale, la risposta lo lascia di sasso: piazza della Morte.

Molti, ironicamente, si affrettano a spiegare la curiosità con sarcasmo e rassegnazione altri invece si inalberano in citazioni storiche che ne fanno risalire il nome alle esecuzioni capitali che avevano come teatro questo luogo.

Nulla di tutto questo. Per prima cosa il toponimo lo si deve al fatto che nel XVI secolo, si stabilì, nella vicina chiesa di San Tommaso, la Confraternita dell'Orazione e della Morte, che aveva come missione caritatevole quella di donare una degna sepoltura ai defunti. Nessuna esecuzione capitale quindi avveniva qui.

La piazza è poi, da qualche anno, tutt’altro che morta, al contrario si dimostra una delle più vive di Viterbo animata dai giovani ogni sera e percorsa dai turisti durante di giorno.

Tra le più insolite della città sorge in quello che era già nel duecento un vero e proprio fulcro urbano alla confluenza delle due strade più importanti: quella proveniente da piazza del Comune e quella che veniva da porta Valia (quest’ultima, prima dell’apertura di via Cavour, era la strada principale per coloro che provenivano da Roma).

La struttura della piazza rispecchia infatti la sua vocazione di crocevia ideato per convogliare i flussi verso il ponte del Duomo e quindi il palazzo Papale. Non a caso, a riprova di ciò, la fontana, che rappresenta un elemento architettonico fondamentale, è posta qui in posizione eccentrica e defilata dimostrando, come notava anche Camillo Sitte, che nell’urbanistica medioevale si cercava di privilegiare i vari percorsi piuttosto che i coni prospettici.

Un secondo elemento distintivo rispetto ad altri spazi, inconsapevolmente molto apprezzato oggi, sono gli alberi. Piazza della Morte è una delle pochissime di Viterbo in cui svettano degli alti Tigli, altrove il verde lo si vede giusto per San Pellegrino in Fiore; In questo caso, invece, gli alberi diventano un ingegnoso strumento urbanistico che divide il percorso carrabile dallo spazio della piazza divenendo, non differentemente da un colonnato o un porticato, un filtro naturale in grado di separare le due funzioni: quella della sosta e quella del passaggio.

A tutto questo va aggiunto il piccolo ma brillane intervento compiuto non molti anni fa allorché se ne restaurò la pavimentazione premurandosi però di realizzare anche delle splendide sedute in peperino. Si trattò di un intervento minimamente invasivo, che non utilizzò avveniristici oggetti di arredo urbano, ma che, sfruttando piuttosto gli antichi alberi e le loro “vasche”, impedì il parcheggio selvaggio restituendole l’originario ruolo di piazza.

La refrigerante ombra estiva o la suggestiva volta rossastra in autunno rendono questa piazza un salotto naturale per la città perfetto per la sosta e lo svago. Una vocazione che ormai identifica piazza della Morte che, nonostante gli andamenti sinusoidali delle mode cittadine, sembra aver definitivamente riconquistato il ruolo di centro della vita di Viterbo.





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